Yehoudah ben Barzilai
La Qabalah è una scienza molto complessa, poiché ne
comprende molte altre, ed è proprio per questo che essa è, al
tempo stesso, razionale e occulta, sperimentale e deduttiva, intima
e descrittiva, applicata, naturale...
In altre parole, la Qabalah è qualcosa di niente affatto
sistematico. Non la si può, dunque, esporre ricorrendo alle
dogmatiche asserzioni tanto care alla nostra corrente mentalità
scientifica.
Prova ne sia il fatto che moltissime sono le definizioni che le
vengono attribuite. Ora viene detta “La Saggezza Celeste", ora
"L'Aritmetica Sacra", ora ancora “La Mistica del Linguaggio”o
"Esperienze dell'Essere".
La parola Qabalah deriva dalla radice ebraica Quf Beit Lamed
che compare solo due volte nella Torah e che significa esattamente:
"recezione", o "accettazione”; dovendosi intendere come sottinteso,
ma intimamente connesso, che si tratta dell'accoglimento di
qualcosa di positivo e non, quindi, di riservato, esclusivo o, tanto
peggio, freddo e distaccato. Tanto che si usa dire qabbalath
chabbath quando si fa riferimento al dono divino della
santificazione del sabato, vale a dire di qualcosa che comporta
gioia e piacere. Non per nulla nel moderno ebraico Qabalah è
“dono", senso lessicale che, come si vede, non si discosta da quello
or ora attribuito alla parola “Qabalah", in quanto questa, in
origine, indicava proprio qualcosa che veniva "ricevuto".
Ma la si chiama anche 'Hokmath - Hannisthar o 'Hokhmah
Nistharah, che vuoi dire "Saggezza Segreta"; ed ecco così come la
prima e primitiva definizione incomincia, all'improvviso, a
lievitare, arricchendosi velocemente di nuovi attributi.
Ed in realtà ciò che viene accolto (in modo positivo) per i
cabalisti altro non è che la saggezza segreta.
Ma da dove proviene?
Ufficialmente si fa risalire la Qabalah all'inizio del XII secolo
della nostra era, periodo in cui vediamo comparire per la prima
volta il vocabolo, con il particolare senso che gli verrà
riconosciuto da questo momento in avanti nel corso del libro,
nella regione di Beaucarie, ad opera di Isaac il cieco. In verità,
però, è a Yehoudha ben Barzilai, di Barcellona, che si dovrebbe
riconoscerne la paternità, se volgiamo la nostra attenzione a ciò
che compare nel suo grandioso commentario il Sepher Yetzirah.
In qualunque modo stiano le cose, in quest'epoca un testo
ebraico gode di vasta diffusione in Provenza. è il Sepher Ha
Bahir, il "Libro della Luce". Ma anche questo scritto si fonda su
un altro ben più antico, il Raza Rabba, ossia “Il Grande Mistero".
Se ne parla già nel 900 (dopo Cristo, ben intesi) presso gli autori
orientali.
Ma la Saggezza Segreta, sino ad allora non ancora codificata, se
così possiamo dire, risale addirittura al principio del II secolo.
È, infatti, attorno agli anni 100 che si impone la personalità del
Principe dei cabalisti, colui che è stato chiamato La Santa
Lampada, Rabbi Siméon bar Yo'hai. È in questo studioso ed
esegeta galileo che alcuni riconoscono l'autore del Sepher Ha -
Zohar, "Il libro dello Splendore” il commentario cabalistico più
imponente della Bibbia ebraica. Ebbene, proprio in questa opera
troviamo una rivelazione fondamentale: la Saggezza Segreta di cui
parla lo Zohar venne rivelata direttamente a Mosè sul Monte
Sinai, in margine alla Legge scritta.
E non basta ancora. Risalendo via via nel tempo veniamo a
sapere che il mistero della Saggezza già aveva trovato forma in un
Libro magico, posseduto da Adamo.
Infatti lo Zohar afferma che il primo uomo ricevette un libro, un
libro "disceso dal cielo, consegnatogli dal Maestro dei Misteri che era
preceduto - come ben viene precisato - da tre messaggeri".
Il che per i cabalisti significa che il primo uomo della Bibbia fu
anche il primo cabalista. La miglior prova di questo - si sostiene -
sta nel fatto che spettò proprio a lui attribuire il nome agli animali
che gli sfilavano davanti, agli uccelli del cielo ed a tutte le bestie
selvatiche. Per poter "attribuire dei nomi", soprattutto in ebraico, è
necessaria la conoscenza della struttura onto-matematica di
questa lingua le cui lettere sono in realtà numeri. Perché fu
proprio l'ebraico la lingua di Abramo. La Bibbia ci dice che
prima dell'episodio della Torre di Babele, su tutta la Terra si
parlava un solo idioma e gli uomini usavano tutti le stesse parole.
Ossia, tutti parlavano l'ebraico. Dopo Babele, solo gli antenati del
popolo eletto continuarono ad usarlo. Ed è sulla base di questo
linguaggio misterioso che si fondano tutte le deduzioni e le
speculazioni cabalistiche.
Mentre i Sumeri per scrivere ricorrevano a centinaia di segni
diversi e gli Egiziani addirittura a migliaia di geroglifici, poiché
questi ultimi erano segni pittografici, vale a dire che per indicare
un uccello se ne doveva disegnare uno, l'ebraico comprende, molto
più semplicemente, soltanto un alfabeto di 22 lettere, senza vocali.
Queste 22 lettere godono della sorprendente particolarità di
corrispondere ai 22 poligoni regolari della geometria tradizionale
(euclidea).
Il cerchio è divisibile in 360 gradi sessagesimali o in 400 gradi
centesimali. Facendo riferimento a 360 vediamo che conta 22
divisori interi, corrispondenti ai 22 poligoni regolari inscritti nel
cerchio. Questi, a loro volta, si rifanno a tre figure dette madri: il
triangolo equilatero, il quadrato ed il pentagono.
Proviamo, ora, a vedere la corrispondenza di tutto ciò nella
struttura linguistica. Anche l'ebraico possiede tre lettere madri, che
sono Aleph, Mem e Shin.
GEOMETRIA EUCLIDEA
22 Poligoni Regolari, corrispondenti ai 22 divisori interi di 360.
FIGURE-MADRI
MONTESION
22
- TRIANGOLO EQUILATERO
- QUADRATO
- PENTAGONO
RADDOPPIANDO
3 otteniamo
6 lati
(esagono)
12 lati
(dodecagono)
24 lati
RADDOPPIANDO
4 otteniamo
8 lati
(ottagono)
RADDOPPIANDO
5 otteniamo
10 lati
20 lati
40 lati
ovvero, 7 poligoni regolari inscritti, raddoppiati
Partendo dall'ennagono (9 lati) otteniamo: 18, 36 e 72 lati.
Partendo dal pentadecagono (15 lati) otteniamo: 30, 60 e 120 lati.
Partendo dal poligono a 45 lati otteniamo: 90, 180 e 360 lati.
Ovvero 12 poligoni regolari inscritti semplici.
Nel Sepher Yetzirah [nota] si svela la creazione del Mondo. Si
dice, con uno stile incomparabile ed intraducibile, che il Dio
Vivente creò il suo Universo tramite Sephar e Sepher, e Sippur,
vale a dire per mezzo del Verbo e del Numero. Lourià precisa che
il mondo nacque grazie ad un gesto di ripiegamento, o
contrazione, su se stesso - Tzimtzoum - da parte di Dio: nello
spazio vuoto venutosi a determinare sorse il Creato.
Rabbi Berekhya insegna che prima della Creazione il Pensiero
Supremo emise una fortissima luce radiosa.
Per lo Zohar, invece, tutto nacque quando l'Antico dei Giorni, il
Velato, l'inconoscibile, il senza inizio né fine, decise di dare un
limite alla propria illimitatezza. "Ad un tratto tese dinanzi a se un
velo, attraverso il quale incominciò a disegnarsi la sua Regalità".
Veniamo anche a sapere che, a partire dal misterioso Punto
Supremo e via via per tutti i livelli della Creazione, ogni cosa altro
non è che il rivestimento di un'altra che le è superiore e la [nota: Il
Sepher Yetzirah (Il Libro della Formazione) è considerato il più antico
trattato cabalistico di cosmogonia e cosmologia. La sua stesura è
attribuita al patriarca Abramo.] sovrasta. Il cervello, avvolto com'è
in un involucro, è esso stesso involucro di un altro cervello
superiore. Per ciò che gli è superiore esso è soltanto involucro.
La Qabalah insegna l'esistenza di tre anime. Il corpo fisico
dell'uomo funge da supporto ad un altro supporto che è l'anima
vegetativa. Si chiama Nephesh ed è il gradino inferiore o principio
vitale. É l'anima assopita. Nephesh è sostegno al corpo fisico che
essa nutre.
Ma, a sua volta, Nephesh funge da substrato ad un'altra
struttura, detta Roua'h. È questa uno stadio intermedio. É il
principio spirituale, l'anima nello stato di veglia.
É bene precisare, però, che Nephesh e Roua'h non sono
essenze o qualità diverse o disomogenee, bensì complementari, in
quanto l'una non può esistere che accompagnata all'altra.
Infine, Roua'h è il sostegno del livello superiore chiamato
Nestamah, che è l'anima propriamente intesa. È questo il concetto
tanto discusso e che tante polemiche ha suscitato e continua a
sollevare, poiché nella Qabalah si afferma a chiare lettere che
alcuni uomini non la posseggono.
"Medita su questi diversi piani dello spirito umano, esorta Rabbi
Simeon bar Yo'hai, e scoprirai il mistero dell'Eterna Saggezza. Perché è
proprio questa che ha modellato questi gradi dello spirito umano ad
immagine del Supremo Mistero".
Infatti, secondo la Qabalah, tutto ciò che è in Terra rispecchia in
modo fedele ciò che sta in Alto. "Non esiste cosa alcuna in questo
mondo inferiore - afferma Rabbi Yits'haq - che non abbia il proprio
omologo che lo governa in quello superiore". Ed è così che mettendo in
movimento le cose qui sulla Terra, automaticamente si richiamano
in azione le forze superiori corrispondenti, che a tutto
sovraintendono.
Per questo Rabbi Eléazar parla dell'esistenza di due mondi: uno
nascosto ed uno manifesto, che però, in realtà, concorrono alla
costituzione di un unico mondo. Parlando dei 32 misteriosi sentieri della Saggezza il Sepher
Yetzirah così li definisce:
- 10 Sephiroth belimah
- 22 lettere fondamentali
I primi dieci sono, certamente, lo strumento più delicato della
Qabalah. Etimologicamente si può tradurre Sephiroth belimah
con "numerazioni pure". Fu solo in un secondo momento che,
nella storia della Qabalah, presero ad indicare gli attributi della
divinità.
Una cosa importante da comprendere è questa: le Sephiroth
belimah non corrispondono, nello spirito dei cabalisti, a concetti
puri, bensì a delle essenze effettive. Come ho già avuto modo di
scrivere nel mio lavoro intitolato “Le libre des Principes
Cabalistiques”, le Sephiroth belimah assicurano e presiedono
all'ordine del mondo creato. Sono la "potenza ”di tutto ciò che
esiste, di tutto ciò che è numerato.
È molto interessante notare anche le corrispondenze astro
cabalistiche delle Sephiroth.
Come è noto, esse sono disposte su di un ideale albero detto
appunto albero sephirotico. Sebbene questa sia un'ottima forma di
sintesi, ho però sempre preferito ricorrere alla disposizione a
"ruota''. Ma, siano esse dispiegate ad albero o a ruota, hanno
sempre l'incredibile capacità di "parlare".
Prendiamo, ad esempio, le cinque Sephiroth dette "inferiori". La
più bassa, nella disposizione, si chiama Malcouth, ossia la
Regalità. Astrologicamente parlando corrisponde alla Terra.
Subito sopra si trova Yesod, il Fondamento. Corrisponde alla
Luna. È superfluo sottolineare che ciò vuoi in evidenza il magico
influsso attribuito dai cabalisti alla Luna nei confronti della Terra e
di tutti gli esseri viventi che l'abitano.
Sopra Yesod c'è Thiphereth, la Bellezza, vero e proprio cuore
della ruota Sephirotica. Corrisponde al Sole.
Le due Sephiroth poste a lato - cabalisticamente parlando al di
sotto del Sole - sono Hod e Netzâ, la Gloria e la Vittoria.
Hod, a sinistra, corrisponde a Mercurio; Netzâ, a destra, a
Venere.
Ecco che in tal modo Terra-Luna-Sole costituiscono l'asse
verticale dell'albero sephirotico, con il Sole collocato proprio nel
centro, a ricevere direttamente la sua propria luce dalla Sephirâ
Kether, la Corona. A quelli che vengono chiamati i "canali”
Sephirotici è demandato il compito di distribuire questa energia
luminosa a tutte le Sephiroth dell'albero, in modo più o meno
diretto, a seconda, naturalmente, della loro collocazione.
Per il tramite dell'immagine della ruota sefirotica, i cabalisti
situano sempre l'uomo nel cosmo, e la natura delle loro relazioni
reciproche è, comunque, più che di tipo matematico, di tipo igneo,
vale a dire spirituale.