Shekhinah

 

 

 

"La Shekhinah entra nel Tabernacolo". Nell'ebraismo tradizionale, contrariamente a quanto accade nella cultura cristiana, la divinità non viene impersonificata in immagini visive

La parola Shekhinah (leggi: sce-chi-nà – in ebraico: ִכיָנה ְ ? ; in arabo: اﻟﺴﻜﻴﻨﺔ) è una traslitterazione del sostantivo ebraico femminile singolare שכינה, reso talvolta dagli omofoni Shechinah, Shekina, Shechina, Schechinah. La sua etimologia è connessa al verbo (שכן sciakhàn), dimorare, e può essere resa letteralmente come "dimora", "abitazione".[2]

All'interno della tradizione biblica e teologica ebraica indica la presenza fisica di Dio (il Signore, appellativo con cui ci si riferisce alla divinità, altrimenti impronunciabile).[3]

Di Shekhinah si parla, in particolare, relativamente a: la tenda del convegno costruita da Mosè durante il soggiorno di 40 anni del popolo ebraico nel deserto (XIII secolo a.C.), narrato nel Libro dell'Esodo; il Tempio di Gerusalemme, costruito da Salomone nel X secolo a.C.; le manifestazioni epifaniche di Dio ai suoi fedeli.

Lo stesso argomento in dettaglio: Miti della Shekhinah. Shekhinah deriva dal verbo ebraicoשכן. La radicesemitica letteralmente significa stabilirsi, abitare, o dimorare. Il nomeastratto non ricorre nel Tanakh (Bibbia ebraica) e lo si incontra per la prima volta Etimologia nella letteratura rabbinica.[4] L'etimo viene spesso usato per riferirsi ai nidi d'uccello e alle nidificazioni.[5] e può anche significare "vicino/prossimo".[6]

La parola usata per "Tabernacolo", mishkan, è un derivato della stessa radice ed è usato nel senso di "dimora" nella Bibbia, per esempio in Salmi132:5 ("finché non trovi una sede [mishkanot] per il Signore, una dimora per il Potente di Israele.") e Numeri 24:5 ("Come sono belle le tue dimore, Israele" in cui la parola corrispondente a "tue dimore", traslitterata, è mishkenotecha). Di conseguenza, secondo il pensiero ebraico classico, la Shekhinah si riferisce ad una dimora o sede in senso speciale, una dimora o sede della presenza divina,[7] per cui, mentre si è in prossimità della Shekhinah, la connessione con Dio è più facilmente percepibile.

Il concetto è simile a quello del Vangelo di Matteo 18:20 :

« Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.[4] »

Alcuni teologicristiani collegano il concetto di Shekhinah al termine greco "Parousia", "presenza" o "arrivo", che viene usato nel Nuovo Testamento in modo simile a "presenza divina".[8] Significato: Alcuni considerano la Shekhinah come rappresentazione degli attributi femminili della presenza divina (dato che Shekhinah è un sostantivo di genere femminile in ebraico), basandosi specialmente su letture del Talmud.[9]

Manifestazione nell'ebraismo

La Shekhinah viene citata in tutta la letteratura rabbinica come manifesta nel Tabernacolo e nel Tempio di Gerusalemme. La si considera presente in atti di preghiera Parochet (velo) che copre l'Aron haQodesh della Sinagoga Beth Jakov in Macedonia pubblica. Nella Mishnah il nome viene usato due volte: una volta da RabbiHaninah ben Teradion (ca. 135): "Se due sono assisi insieme e si scambiano parole della Torah, allora la Shekinah è tra loro"; e da Rabbi Halafta ben Dosa: "Se dieci uomini si siedono insieme e si occupano della Legge, la Shekinah dimora tra loro."[4] Anche nel TalmudSanhedrin 39a si legge: "Ogniqualvolta dieci [persone] si riuniscono a pregare, allora la Shekinah si manifesta"; connota inoltre un

retto giudizio ("quando tre siedono in qualità di giudici, la Shekinah è tra loro", Talmud Trattato Berachot 6a), ed una necessità personale ("La Shekinah dimora al capezzale dell'uomo infermo", Talmud Trattato Shabbat 12b; "Ovunque vennero esiliati, la Shekinah andò con loro", TalmudTrattato Megillah 29a).

Assenza del Tempio

Il Talmud espone una Baraita (tradizione orale) il Kohen Gadol (Sommo sacerdote) deve aspergere il sangue dell'offerta del toro sul parochet (Velo del Tempio) che separa l'Echal (santuario) dal Kodesh Hakodashim (Santo dei Santi):[10]

« Così farà l'espiazione sul santuario per l'impurità degli Israeliti, per le loro trasgressioni e per tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda del convegno che si trova (shoken) fra di loro, in mezzo alle loro impurità. (Levitico 16:16). Anche quando gli ebrei sono impuri, la Shekinah (presenza divina) sta con loro.

Un certo Sadduceo disse a Rabbi Chanina: Ora [che siete stati esiliati], sarete certamente impuri, poiché sta scritto: "La sua impurità è [visibile] nei lembi della sua veste." (Lamentazioni 1:9). Egli [Rabbi Chanina] gli rispose: Vieni a vedere cosa sta scritto su di loro: [La Tenda del convegno] che si trova fra di loro, in mezzo alle loro impurità. Anche quando sono impuri, la presenza divina sta tra loro. » (Talmud, Trattato Yoma 56b)

Bibbia ebraica

Il nome shekhina non ricorre nella Bibbia ebraica, sebbene vi si trovi il verbo shakan e altri termini dalla radiceškn. Il sostantivo non compare neanche nella letteratura prerabbinica, come per esempio

Fonti ebraiche: nei Rotoli del Mar Morto. Solo in seguito, nei targum e nella letteratura rabbinica, appare il termine ebraico shekinah, o l'equivalente aramaico shekinta, diventando poi estremamente comune.[11] Il biblista Martin McNamara ritiene che l'assenza porti alla conclusione che il termine si sia originato solo dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70, ma cita 2 Maccabei14:35 : "Tu, Signore... Ti sei compiaciuto di porre il tempio della Tua abitazione in mezzo a noi", in cui il testo greco (naon tes skenoseos) implica una possibile interpretazione parallela, e dove il sostantivo greco skenosis potrebbe collegarsi all'aramaico shekinta.[12]

Targum

Nel Targum l'aggiunta del termine sostantivo Shekhinah parafrasa espressioni verbali in ebraico come Esodo34:9 : "venga il Signore in mezzo a noi" (espressione verbale di presenza) che il Targum parafrasa con la "shekhinah" di Dio (forma sostantiva).[13] Nell'era post-templare l'uso del termine Shekhinah potrebbe fornire una soluzione al problema di Dio onnipresente e quindi non dimorante in nessun luogo specifico.[14] Talmud

Il Talmud dice anche che "la Shekinah scende sull'uomo non attraverso la tristezza, né nella pigrizia, né in frivolezza, né per parlare, né tra futili chiacchiere, ma solo tramite questioni di gioia in relazione Manoscritto del Talmud babilonese (Codex Reuchlin 2, fol. 96v) ad un precetto, poiché è detto, Ma ora conducetemi un suonatore. E avvenne che, mentre il suonatore arpeggiava, la mano dell'Eterno fu sopra di lui." (2 Re3:15 Shabbat (Talmud) 30b)[15]

La Shekhinah è associata allo spirito trasformativo di Dio considerato come fonte di profezia:

«  Poi arriverai alla collina di Dio, dov'è la guarnigione dei Filistei; e là, giungendo alla città, incontrerai un gruppo di profeti che scenderanno dall'alto luogo, preceduti da un'arpa, un tamburello, un flauto e una cetra, e che profetizzeranno. Allora lo Spirito del Signore ti investirà e profetizzerai con loro, e sarai cambiato in un altro uomo. »   (1 Samuele 10:5-6 )

I profeti fecero molti riferimenti a visioni della presenza di Dio, particolarmente nel contesto del Tabernacolo o del Tempio, con figure come troni o tuniche che riempivano il Santuario, tradizionalmente attribuiti alla presenza della Shekhinah. Isaia scrisse: "Io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il Tempio" (Isaia 6:1 ). Geremia implorò: "Non disonorare il trono della tua gloria" (Geremia14:21 ) e si riferì a "Trono di gloria, eccelso fin dal principio, è il luogo del nostro santuario" (Geremia 17:12 ). Il Libro di Ezechiele parla della "gloria del Dio d'Israele era là [nel Santuario], simile alla visione che avevo visto nella pianura" (8:4 ).[16]

Significato nell'ebraismo chassidico

Lo stesso argomento in dettaglio: Chassidismo. L'ebraismo chassidico considera la Cabala, in cui la Shekhinah ha un'importanza speciale, come una Scrittura autorevole e da studiare con attenzione. La parola Matronit (lat.Matronita, matrona) viene usata per rappresentare tale considerazione: il mito centrale della Cabala, e parte integrante dello Chassidismo, narra che Adamo, quando divenne un essere senziente dopo la sua creazione, "iniziò a contemplare i mondi fisici e spirituali in cui si trovava, commettendo poi quel grave peccato che ha segnato ineluttabilmente l'esistenza dell'essere umano....

« L'essere spirituale di Dio comprendeva dieci Sefirot (emanazioni o aspetti) ma, contemplando Dio, Adamo scambiò la decima e più bassa Sefira – quella di Malkhut o Regno, che era la Shekhinah, manifestazione femminile di Dio – per la totalità della Divinità. Poiché il Creatore aveva dotato Adamo (e con lui il resto dell'umanità in generale) del potere di influenzare la condizione della Divinità nell'Alto, facendo così Adamo provocò una scissura tra Dio e la Shekhinah. A partire da questo primo peccato spirituale originale, l'essere umano lo ha sempre e nuovamente ripetuto un evento mitico occorso in illo tempore è destinato a ripetersi di continuo - e ha quindi reintrodotto, e reso più dolorosa, la separazione

tra Dio e la Sua sposa, la Shekhinah. Quando, nel corso della storia, si formò il Popolo di Israele, la Shekhinah, Matronit divina di Dio, divenne in modo mistico la Madre di Israele e anche la personificazione nell'Alto della Comunità di Israele. Fintanto che esisteva il Tempio di Gerusalemme, esso serviva da sacra sala matrimoniale in cui, ogni mezzanotte, Dio il Re e la Sua sposa, la Matronit-Shekhinah, celebravano la loro gioiosa unione coniugale. Una descrizione particolareggiata viene data da fonti zohariche.... L'amplesso d'amore tra il Re e la Sua Regina, la Shekhinah, assicurava il benessere non solo di Israele ma di tutto il mondo." »

(Rapahel Patai, The Hebrew Goddess, Cap. 4[17])

La Sposa dello Shabbat

Lo stesso argomento in dettaglio: Cabala lurianica e Shabbat.

Der Samstag (Il Sabato), Germania ca. 1800. Incisione colorata a mano, Skirball Museum, Los Angeles: basata su una pittura di Frederich Campe, raffigura ebrei radunati vicino ad una sinagoga durante la festa dello Shabbat. Gli uomini indossano un copricapo tondo e piatto chiamato baretta.

Questo tema ricorrente è meglio conosciuto tramite gli scritti e le canzoni del leggendario mistico del XVI secolo, RabbiYiṣḥāq Luria. Qui appresso una citazione stralciata dall'inizio di un suo famoso inno allo Shabbat:[18]

Canto in inni per accedere alle porte del Campo delle mele sacre.     Una nuova tavola Un paragrafo dello Zohar riporta: "Si deve preparare un comodo seggio con molti cuscini e coperte ricamate, da per Lei prepariamo, un bel candelabro la sua luce su di noi riverbera.

Tra destra e sinistra la Sposa si avvicina, in santi gioielli ed abiti festivi... tutto ciò che si trova in casa, come si preparasse un baldacchino per la sposa. Poiché Shabbat è regina e sposa. Ecco perché i maestri della Mishnah solevano uscire alla vigilia dello Shabbat per riceverla in strada, e usavano dire: Vieni, O sposa, vieni, O sposa! E si deve quindi cantare e rallegrarsi alla tavola in suo onore... Si deve ricevere la Signora accendendo molte candele, con molta gioia, bei vestiti, e la casa abbellita da tanti ornamenti..."[19]

La tradizione della Shekhinah quale Sposa dello Shabbat, la Shabbat Kallah, continua a tutt'oggi.[20][21]

Preghiere ebraiche

Lo stesso argomento in dettaglio: Preghiera ebraica. La diciassettesima benedizione della preghiera quotidiana Amidah, recitata durante i servizi liturgici ortodossi, conservatori e riformati è "Benedetto sei Tu, O Dio, che fai ritornare la Tua Presenza

(shekinato) a Sion."

Il libro di preghiere (Siddur) dell'ebraismo liberale nel Regno Unito, durante Rosh Hashanah e Yom Kippur (Machzor Ruach Chadashah) contiene una preghiera speciale basata su Avinu Malkeinu (Padre Nostro, Nostro Re), in cui il sostantivo femminile Shekhinah è usato per evidenziare la neutralità di genere.[22][23]

Canzone yiddish

Il concetto della Shekhinah viene anche associato al concetto dello Spirito Santo (Ruach haQodesh) nella tradizione ebraica, come si constata nella canzone yiddish: Vel ich, sh'chine tsu dir kummen – "Da te io, Shekinah, verrò".[24]

In aggiunta ai vari resoconti che indicano la presenza o gloria di Dio presenti nella Bibbia ebraica, molti cristiani Cristianesimo reputano che la Shekhinah sia manifesta in varie occasioni nelle scritture neotestamentarie. Il dizionario in pubblico dominioEaston's Bible Dictionary, pubblicato nel 1897 dal presibiteriano scozzese M. G. Easton (1823-1894),[25] riporta:

« Shekinah – parola caldea che significa dimora, non riscontrata nella Scrittura, ma usata successivamente dagli ebrei per designare il simbolo visivo della presenza di Dio nel Tabernacolo, e poi nel Tempio di Salomone. Quando il Signore condusse Israele via dall'Egitto, Egli andò avanti a loro "in una colonna di nube". Questo fu il simbolo della sua presenza presso il suo popolo. Inoltre Dio parlò a Mosè tramite la "Shekinah" in un rovo ardente. Per i relativi riferimenti durante le peregrinazioni nel deserto, si vedano Esodo 14:20;40:34-38 ; Levitico 9:23,24 ; Numeri 14:10;16:19,42 .

È probabile che, dopo l'entrata in Canaan, questa nube di gloria si posasse nel Tabernacolo sull'Arca dell'Alleanza, luogo più santo. Tuttavia non si hanno riferimenti particolari in merito, fino alla consacrazione del Tempio di Salomone, quando colmò della sua gloria l'intera dimora, cosicché i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio (1 Re 8:10–13 ; 2 Cronache 5:13,14;7:1–3 ). Probabilmente risiedette nel primo tempio, nel Santo dei Santi, come simbolo della presenza di Jehovah – fintanto che il tempio fu in esistenza. Dopo scomparve. »

("Shechinah" [26]) Riferimenti alla Shekhinah nel cristianesimo spesso interpretano la presenza e la gloria di Dio come sinonimi,[27] come illustra il seguente versetto tratto da Esodo: « Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. La Gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La Gloria del Signore appariva agli

occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. »   (Esodo 24:15–17 )

Apocrifi e Nuovo Testamento

Poiché la Shekhinah è luce, quei passi degli Apocrifi e del Nuovo Testamento che citano splendore, e che nel testo greco viene reso con δόξα, si riferiscono alla Shekhinah, non essendoci altro equivalente greco della parola in questione. Pertanto, secondo Luca2:9 , "la gloria del Signore [δόζα Ḳυρίου] risplendette intorno a loro" (si confronti 2 Pietro 1:17 ; Efesini1:6 ; 2 Corinzi 4:6 ); inoltre si suppone che in Giovanni1:14 e Apocalisse 21:3 le parole σκηνοῦν e σκηνή fossero state scelte espressamente per significare la Shekinah. L'idea che Dio dimori nell'essere umano e che questi sia il Suo tempio (per esempio, Colossesi2:9 ; 2

Corinzi6:16 ; Giovanni14:23 ) è meramente un concetto più realistico della Shekhinah che "viene a posarsi" sull'essere umano.[2]

Signore

Raffigurazione dello Spirito Santo, in forma di colomba (affresco del Monastero serbo-ortodosso di Zica vicino Kraljevo, Serbia, XIII sec.)

Spirito

La Shekhinah nel Nuovo Testamento è comunemente equiparata alla presenza o dimora dello "Spirito del Signore" (generalmente indicato come Spirito Santo, o "Spirito di Cristo") nel credente, facendo paralleli con la presenza di Dio nel Tempio di Salomone: fra i piu' importanti, il Corpo Tempio dello Spirito (1 Cor 6: 12-20). Rispetto all'Antico Testamento, dove il Santo dei Santi

significava la presenza esterna di Dio (presenza costante nel Tempio; nelle tenda, nelle Epifanie), dal Nuovo Testamento in poi, è lo Spirito Santo che evoca la costante presenza di Dio: nella Pentecoste presenza interiore negli apostoli e discepoli, cui dona carismi che manifestano all'esterno i Suoi effetti.

Inoltre, nello stesso modo in cui la Shekhinah è collegata alla profezia nell'ebraismo, così lo è nel cristianesimo: « Poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio. »   (2 Pietro 1:21 ) L'Eucaristia, custodita nel Tabernacolo, per la Chiesa Cattolica e Ortodossa e' la presenza reale e sostanziale del Dio Uno e Trino, come nel Tempio: presenza fisica di Gesu' Cristo che la istitui' nell'Ultima Cena, ma anche dello Spirito Santo, che dal Padre e dal Figlio procede.

Gloria

Nei punti in cui vengono fatti riferimenti alla Shekhinah come manifestazione della gloria del Signore associata alla sua presenza, i cristiani trovano numerosi riscontri nel Nuovo Testamento sia in forme letterali (come nel succitato Luca2:9 che fa riferimento alla "gloria del Signore" che avvolge di luce i pastori alla nascita di Gesù)[28] sia in forme spirituali (come in Giovanni17:22 , dove Gesù parla di Dio dicendo "la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro").[29] Si rileva un contrapposto nel Libro di Samuele, in cui si afferma che a Ichabod, che significa "inglorioso" («Se n'è andata lungi da Israele la gloria») fu dato tale nome perché era nato nel giorno che l'Arca dell'Alleanza fu catturata dai Filistei: "La gloria si è allontanata da Israele" (1 Samuele4:22 ).

Presenza divina

« Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte. »   (Esodo 13:21 )

La Shekhinah, in arabo: ﺳﻜﻴﻨﺔ sakīnah, viene citata sei volte nel Quran, nei capitoli 2, 9 e 48.[30] Islam

« E disse il loro profeta: "Il segno della sovranità sarà che verrà con l'Arca. Conterrà una presenza di pace da parte del vostro Signore, nonché quel che resta di ciò che lasciarono la famiglia di Mosè e la famiglia di Aronne. Saranno gli angeli a portarla." »

(Sura 2/248 ) L'Imam di Cordova Al-Qurtubi (1214-1273 nella sua

rinomata esegesi afferma che, nel suddetto versetto secondo Wahb ibn Munabbih, Sakinah è uno spirito emanato da Dio che parla e, nel caso degli Israeliti, quando alcuni erano in disaccordo riguardo ad una questione, tale spirito veniva a chiarire la situazione, ed era inoltre causa di vittorie nelle guerre. Secondo Ali ibn Abi Talib, "Sakinah è un dolce vento, una brezza, il cui volto è come volto umano". Mujahid asserisce che "quando Sakinah mirava un nemico, questi veniva sconfitto", e ibn Atiyyah parla dell'Arca dell'Alleanza (at-Tabut), con cui era associata la Sakinah, sostenendo che le anime lì trovavano pace, calore, amicizia e forza.[31]

Il giuristaMuslim ibn al-Hajjaj (817–870) nel suo Sahih Muslim, dice che un certo uomo (durante il tempo di Maometto), stava recitando la sura al-Kahf dal Quran vicino al suo cavallo legato ad un palo, e mentre recitava, una nube lo avvolse, che roteava e decresceva, la cui vista fece imbizzarrire e saltare il cavallo, cosicché quando venne il mattino, l'uomo andò da Maometto e lo informò dell'accaduto, per cui Maometto rispose che era stata la Sakinah a discendere a motivo del Corano.[32]

Secondo le tradizioni sunnite, quando Maometto era perseguitato alla Mecca e venne per lui il tempo di emigrare a Madinah (Medina), si rifugiò temporaneamente presso il suo compagnoAbū Bakr nella grotta di Thawr. Mentre si nascondevano dai Mekkani che li cercavano, fu a Thawr che Dio fece discendere la Sua sakina su entrambi, proteggendoli dai loro nemici.[33] Secondo il sufismo, fu a Thawr che Abū Bakr venne benedetto coi segreti divini la cui trasmissione alle successive generazioni formò il percorso Naqshbandiyya del sufismo stesso. Fu questa esperienza che fece affermare al secondo califfoUmar (581-644) che "tutto il bene che Umar ha fatto non potrà mai equivalere alla sola virtù di Abū Bakr quale compagno di Maometto alla grotta di Thawr".[34]

Il nipote di Maometto, alHusayn ibn Ali, chiamò una delle sue figlie "Sakina". Morì tragicamente in un carcere siriano durante la prigionia della famiglia di al-Husayn, composta più che altro da donne e bambini, che avevano sopravvissuto alla Battaglia di Kerbela. Sakina fu la prima persona nella storia dell'Islam ad essere chiamata con tale nome. È correntemente un nome femminile popolare nella maggior parte delle culture islamiche.[35][36]

1. ^Illustrazione da The Bible and Its Story Taught by One Thousand Picture Lessons, Charles F. Horne & Julius A. Bewer (curatori), 1908. Note

Jewish Encyclopedia , New York, Funk and Wagnalls, 1901–1906. Busi, Giulio. Simboli del pensiero ebraico, Torino, Einaudi, 1999 Busi, Giulio & Loewenthal, Elena (curatori), Mistica ebraica, Torino, Einaudi, 1995 Dennis, Geoffrey. The Encyclopedia of Jewish Myth, Magic, and Mysticism (Llewellyn Worldwide, 2007) Bibliografia

Green, Arthur. Shekhinàh in Queste sono le parole, Firenze, Giuntina, 2002, pp. 61–62; e Sefiròt, ivi, pp. 56 – 59 Idel, Moshe. Kabbalah: New Perspectives, Yale University Press, 1988 (trad. italiana Qabbalah. Nuove prospettive, Milano, Adelphi, n. ed. 2010) Scholem, Gershom. Jewish Gnosticism, Merkabah Mysticism, and Talmudic Tradition, Jewish Theological Seminary of America, 2ª ed.,

1965 _________ . Origins of the Kabbalah, Princeton University Press, 1991 _________ . Von der mystischen Gestalt der Gottheit, Zurigo, 1962 (trad. inglese On the Mystical Shape of the Godhead, New York, 1991; trad. italiana La figura mistica della divinità: Studi sui concetti fondamentali della Qabbalah , Adelphi, 2010, Cap. 3)

Solomon, Norman. Torah From Heaven. The Recostruction of Faith, Littman Library, 2012

Cabala ebraica Cabala lurianica Cabala pratica Cinque Mondi Dio (Ebraismo) Ein Sof Gerarchia degli angeli Filosofia ebraica Meditazione ebraica Voci correlate

Misticismo ebraico Nomi di Dio nella Bibbia Talmud Tetragramma biblico Torah

(EN) "Hymn to the Sabbath" di Rabbi Isaac Luria, cabalista del XVI sec. , su kheper.net. (EN) "The Autiot of the Shekinah" del cabalista francese Carlo Suares (1892–1976) Collegamenti esterni

(EN) "Shekinah Retreat Centre" , centro biblico mennonita, a Saskatchewan, (Canada) (EN) "Shekinah" , voce della Jewish Encyclopedia (1906)] (EN) "The Worship of the Shekhinah in Early Kabbalah" di Tzahi Weiss, su academia.edu "La radice ebraica dello Spirito Santo" di Lea Sestrieri, su vatican.va "Dalla Shekinah alla Trinità" , di Cristiana Dobner,

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su mondodomani.org (maggio 2011) Portale Ebraismo Portale Filosofia

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Contrariamente, si può vedere o non vedere. Unitariamente, si può sensire attraverso la somma di tutti i sensi. Percezione sincronica, se vogliamo annoverarla fra quelle multiversali. L'immagine,di per se, reca in se l'oggetto e il soggetto. L'idolo, l'oggetto immaginato dal soggetto. Obiettivamente,
al di la dei concetti di soggettivo ed oggettivo, tutto è macchia confusa sino a quando non sorge la coscienza. Quando essa si manifesta, conosce, e non riconosce, poiché non si fonda sulla comparazione o trova verifica nella memoria passata, ma in quella generativa, nello stesso principio creativo, e non si fa mera ripetizione, ma libero e costante divenire. Allora, antropomorfo è tutto quello che nasce o deriva da quella forma che lo percepisce, poiché il suo stesso respiro se ne fa contenitore formante. La casa è la forma stessa. sostenuta dalla forza che anima e lo spirito infuso. Sino a quando la natura dell'immagine è confusa, essa è ma le manca la qualità della compresenza sino a quando la coscienza non sarà stata risvegliata. Allora è come lo zen del respiro. Se faccio un flauto in canna, vado al canneto e taglio una canna di bambù secca per farne un flauto. Dapprima ho in mente il suono che non c'è e che sto cercando. Poi trovo una canna di bambù e la taglio. Quindi, lavoro sul suo vuoto per renderlo liscio, pulito e privo di asperità. Poi, lavoro ancora sul vuoto, e creo dei fori sulla canna, vuoti, a seconda dei suoni o della scala che dovranno riempirli. Ed ancora, il primo vuoto, mi insegna il secondo, ed il terzo e cosi via, sino a quando non lo riempio col respiro e risuona. Allora, sto meditando, e dimenticando ogni cosa, il vuoto è entrato in me e si è fatto preghiera. Quando smetto di suonare, infine, raggiungo la pace di quel vuoto, precedente lo stesso suono pensato che mi spinse a fare il flauto. La si trova lo zen. Oltre le stesse parole e la mente, la mano e l'azione, l'oggetto e la sua forma. Nessuna immagine può racchiudere meglio in se questo insegnamento sacro, perché non capita per caso o per sbaglio, che lo spirito si manifesti in una casa, ma i gradini della scala, come i vuoti del flauto, saranno proporzionali alla grandezza della mano che li chiuderà, come al passo della gamba che si appresterà a salirvi. Allora ogni cosa reca in se impersonificata quella misura che la rende consona, anche se è dalla profondità del silenzio interiore che dipende la comprensione delle cose, trascendente di certo, a questo punto, il dualismo imperfetto fondato sulla differenza, del diffidente che divide.

JS

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutto è natura, senza distinzione. Quando la coscienza riconosce, cessa semplicemente di essere evanescenza.
Allora, se il sè impedisce agli occhi di vedere, non saranno d'alcun aiuto.
Quando la coppa si svuota, solo allora, si potrà manifestare la visione trascendente.